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Ai tempi del Coronavirus

Immagine del redattore: Don G. MartiniDon G. Martini

Aggiornamento: 12 mar 2020

Cari amici, in questo tempo “particolare” dove siamo giustamente “preoccupati” per l’epidemia del “Coronavirus” mi piace riportare, in particolare per chi ha il dono di condividere la fede in Gesù di Nazaret vero Dio e vero uomo, alcune riflessioni di un grande Testimone della fede, D. Bonhoeffer.

Mi pare che a volte, come credenti, invochiamo a “sproposito” la presenza di Dio. ​Mi pare che ancora la viviamo quasi come una presenza “magica” che viene a risolvere i nostri problemi e non come colui che dà pienezza alla nostra umanità assumendola totalmente e non distruggendola o sublimandola.

Ecco la citazione di D. Bonhoeffer:“Spesso a noi piace parlare di Dio quando la conoscenza umana è arrivata alla fine o quando le forze umane vengono a mancare.

Dio è invocato come: soluzione fittizia a problemi insolubili, oppure come forza davanti al fallimento umano, sempre dunque sfruttando la debolezza umana o di fronte a limiti umani…

Io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo…Dio non è un TAPPABUCHI; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita; Dio vuole essere riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella forza, e non solamente nella sofferenza; nell'agire, e non solamente nel peccato.

La ragione di tutto questo sta nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo - Egli è il centro della vita, e non è affatto “venuto apposta” per rispondere a questioni irrisolte” ( D.Bonhoeffer - Resistenza e resa)​.


In questi giorni ho letto poi alcune prese di posizioni proprio fuori luogo di chi parla di “Castigo di Dio” o di mancanza di fede da parte dei Vescovi perché hanno dato indicazioni circa lo svuotamento delle acquasantiere come prevenzione al contagio. Mi pare, senza voler giudicare nessuno, si tratti di prese di posizioni che allontanano dall'autentica visione della fede “cattolica” che ha un cardine nel mistero e nel principio della “Incarnazione” e ci facciano dimenticare un adagio classico della teologia cattolica che la “grazia suppone” non annulla la natura! (così ci ricordavamo a vicenda con un mio carissimo amico).


Penso che questo momento particolare possa essere vissuto, da chi ha il dono della fede, come il “deserto” che questa Quaresima ci propone di vivere. Un deserto che come “chiesa” ci faccia riscoprire l’essenziale e ci liberi anche da un certo “attivismo pastorale” di cui spesso riempiamo le nostre parrocchie nel tempo di quaresima, quasi che, più iniziative si fanno e più siamo bravi e buoni.


Forse è bene ritornare all'essenziale: la celebrazione dell’Eucaristia domenicale, l’ascolto domestico del Vangelo nelle nostre case, la preghiera fatta insieme ai nostri cari.


Sono un dono da accogliere con gratitudine.​

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