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Le nostre riflessioni - IV Domenica di Pasqua

  • Immagine del redattore: Don G. Martini
    Don G. Martini
  • 5 mag 2020
  • Tempo di lettura: 1 min

Il Pastore Buono

Nella civiltà della pastorizia il “Gregge” delle pecore costituiva il patrimonio, da cui si traeva il sostentamento per la vita. Rappresentava perciò una cosa preziosa da ben custodire. Dal punto di vista economico, in tante regioni del mondo è ancora così. C’è un vero e proprio affetto tra il “Pastore Buono” e il “Gregge”, c’è un rapporto quasi personale tra loro e hanno un vitale bisogno l’uno dell’altro. Il “Pastore Buono” chiama le pecore per nome una per una, riconosce la loro individualità, c’è sempre tra loro dialogo e relazione.

Una riflessione

E’ strano che nello storico immaginario collettivo la pecora sia stata vista come chi non sa pensare con la propria testa e non ha il coraggio di assumersi responsabilità, trovando perciò rifugio e sicurezza nel “Gregge”. Il messaggio evangelico ha risolto la struttura patriarcale del tempo valorizzando al massimo il rapporto vitale esistente tra il “Gregge” e il “Pastore Buono”, istituendo una comunità di dimensione fraterna in cui l’autorità viene intesa come servizio alla collettività. Gesù-il Pastore Buono chiama per nome le pecore e va avanti, precedendole lungo il cammino.

Angiolina&Paolo

 

I verbi che indicano il vero pastore nel brano del Vangelo ci sembrano:

chiama

conduce

spingere

camminare

seguire

conoscere la voce

ascoltare

entrare

uscire

tutti verbi che indicano movimento e relazione. Oggi sembrano volerci dire che se sappiamo ascoltare, Gesù ci chiama, ci conduce, ci spinge, cammina con noi. E noi potremo entrare da Lui, trovare conforto, caricare le nostre pile per poi uscire e immergerci nella vita camminando sulla Sua strada.

E' bello sapere che ognuno di noi è conosciuto e chiamato con il suo nome.

Famiglia Tosi

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